Se mi chiedessero di identificare il momento esatto in cui è iniziata la mia passione dovrei scavare nel passato fino a quel giorno della mia infanzia in cui i miei genitori mi fecero trovare la videocassetta di Taron e la pentola magica della Disney sotto l’Albero di Natale. Prima di allora, non avevo assolutamente idea di cosa potesse definirsi fantasy, ne quali fossero gli stilemi del genere e i suoi tratti più riconoscibili. Ciò nonostante, subito mi resi conto di trovarmi di fronte a qualcosa di totalmente differente e nuovo per ciò a cui erano abituati i miei occhi di bambino. Eppure, a conti fatti, forse la Disney era uscita un po’ troppo dai suoi binari con quel film.
Ci troviamo agli inizi degli anni 80 e la Disney non se la sta passando benissimo. Da poco il suo animatore di punta, Don Bluth, ha abbandonato l’azienda a causa delle troppe divergenze di pensiero insieme ad altri 16 animatori, ed ora si è messo in proprio.
Don è un puro: un orfano di Walt Disney di cui sin dai primi anni aveva ammirato lo spirito pionieristico e la capacità di far sognare, letteralmente, il suo pubblico. Ma Don non si sente più a casa in una Disney sempre più orientata al “far cassa”. La tavola dei manager è un mondo che non gli appartiene: lui preferisce vivere tra i suoi topi, cani e coniglietti animati. Quasi 40 anni più tardi, ovvero nel momento in cui sto scrivendo questo pezzo, Don trascorrerà la sua vecchiaia a vendere video-corsi d’animazione a poco più di 100 dollari americani per finanziare un film del suo marchio di fabbrica più conosciuto, Dragon’s Lair, che forse non vedrà mai la luce.
E così l’uomo che aveva dato vita a capolavori del calibro di Robin Hood, Le avventure di Winnie the Pooh, Le avventure di Bianca e Bernie ed Elliott il Drago Invisibile, decide di fondare il suo studio e cercare il suo nuovo vate nella figura di Steven Spielberg. Per lui si mette al lavoro su un nuovo film, Fievel sbarca in America, che uscirà nel 1986 e si preannuncia sin da subito un successo al botteghino.
La Disney, dal canto suo, non pare prendere bene la cosa (tanto che ogni riferimento ai lavori di Bluth verrà puntualmente fatto sparire da ogni suo parco a tema), ma ha ancora un jolly nella mano: nel ’73 infatti Disney aveva acquisito per se i diritti cinematografici dei cinque volumi di Lloyd Alexander noti come Le cronache di Prydain.
Alexander all’epoca era già considerato uno tra i più geniali e influenti autori del fantastico della letteratura moderna e, nonostante nel nostro paese tuttora rimanga semisconosciuto, negli Stati Uniti la sua fama è inferiore solo ad un noto professore di Oxford a cui piaceva inventarsi una lingua diversa per ogni creatura.
Mettere in produzione un cartone animato tratto dalle Cronache di Prydain però continuava a rappresentare per la Disney un grosso azzardo: a partire dalla vastità di personaggi e ambientazioni presenti nei libri, ai toni epici e forse troppo maturi (pur essendo sempre letteratura destinata ad un pubblico di giovani) senza contare che in quegli anni l’immagine dell’animazione Disney era ancora legata alla celebrazione del meraviglioso e del fiabesco in chiave magica, non gotica, mentre qui c’era da inserire in un cartone animato destinato ad un pubblico di pre-adolescenti UN FOTTUTO ESERCITO DI NON MORTI.
Poi nel 1978, come un fulmine a ciel sereno (o forse no) era arrivato il film d’animazione de Il Signore degli Anelli, che aveva riscosso un ottimo successo ai box office. La strada al fantasy animato era quindi spianata, e la Disney con grande entusiasmo decise che la risposta a Spielberg sarebbe stata appunto il cartone tratto dai libri di Alexander, ricorrendo addirittura all’inserimento di animazioni in CGI per la prima volta nella storia del cinema d’animazione.
Nel 1985 usciva finalmente nelle sale Taron e la Pentola Magica. Il film possedeva una cifra stilistica differente, smaccatamente gotica e orgogliosamente dark. Niente canzoni o animali parlanti, ma un fiume di elementi iconici delle fiabe, di rimandi a topoi della letteratura fantastica e di personaggi all’occorrenza simpatici e spaventosi. Le forze del male erano invece mostruose e orrendamente deformi: dal cattivo principale al suo sciocco servitore fino alla marmaglia che li circonda, gli antagonisti del venticinquesimo classico Disney avevano le spaventose fattezze dell’immaginario horror.
Ovviamente il film fu un disastro. Io invece me ne innamorai perdutamente, quindi, immaginate quale emozioni provai nello scoprire, a distanza di decenni, che quel cartone animato non era altro che l’adattamento di questi cinque romanzi di Lloyd Alexander, Le Cronache di Prydain, pubblicato all’interno Fantacollana Nord in due libri distinti.
La vicende sono ambientate a Prydain, un mondo immaginario che però ricorda molto il Galles delle leggende celtiche: non a caso infatti Alexander si ispira al corpus del Mabinogion, il più importante testo della mitologia gallese, per quanto riguarda nomi ed ambientazioni. Prydain, una sorta di terra mitologico-medievale, è governata dal Sommo Re Math, figlio di Mathonwy, appartenente alla nobile casata dei Figli di Don, giunti dalla Contrada d’Estate per difendere la razza umana da Arawn, sinistro e crudele Signore della Morte, che dal suo tenebroso reame di Annuvin minaccia di ridurre in schiavitù l’intero regno. Ai suoi ordini vi sono numerosi seguaci corrotti dalle sue arti malefiche, ed i più temibili sono i Figli del Calderone, invincibili morti viventi risvegliati dal Calderone Nero.
In questo quadro cominciano le vicende di Taran (con la A, a differenza del Taron cartonesco), un giovane orfano allevato da Dallben, il più grande mago di Prydain, e da Coll, un contadino con un passato di glorioso guerriero. Taran sogna di compiere eroiche gesta in battaglia, ma la sua sorte lo vede relegato alla mansione di “Assistente Guardiano di Maiali”, costretto ad accudire Hen Wen, una piccola scrofa con poteri profetici.
Tutto cambia quando Hen Wen fugge improvvisamente, proprio mentre il Re dalle Lunghe Corna (nel cartone Re Cornelius), braccio destro di Arawn, sta radunando un esercito per assoggettare Prydain una volta per tutte. Taran è così costretto a mettersi in viaggio, avendo, in modo inaspettato, l’occasione di vivere quella che non è che la prima di una serie di avventure, durante le quali farà nuovi incontri, stringerà amicizie e imparerà il significato del vero eroismo.
Come in già parecchi fantasy per ragazzi eravamo stati abituati, la storia segue il percorso del protagonista dalla sua infanzia più tenera fino alla maturità. Taran non è dotato di grande forza fisica, di intelletto superiore o parlantina: insomma, non ha alcuna qualità “eroica” che lo contraddistingua. Proprio come alcuni suoi colleghi, ad esempio lo Sparviero di Ursula K. Le Guin in La Saga di Earthsea oppure il Garion di David Eddings nel Ciclo di Belgariad, Taran non è altro che un ragazzino come tanti, una vittima degli eventi le cui scelte spesso si riveleranno sbagliate. La sua unica, vera forza sta nell’altruismo e nel suo animo gentile, grazie al quale riuscirà a circondarsi di amici fidati, un party che lo accompagnerà lungo tutte le sue avventure e solo grazie alla forza dell’unione dei componenti riuscirà ad uscire vittorioso dalle situazioni più disparate.
I compagni di Taran sono la vera forza narrativa di queste storie. A cominciare da Gurghi, la piccola creatura antropomorfa dai tratti vagamente scimmieschi che fin da subito si rivelerà l’amico più fedele del protagonista, il Re girovago dei bardi Fflewddur Fflam, la cui arpa ha il potere di rompersi ogni volta che “esagera con la verità” e la principessa Eilonwy, forse il miglior personaggio dell’intera saga. Eilonwy è una vera principessa, con tutti i pro e contro del caso. Lunatica e logorroica fino allo sfinimento ma allo stesso tempo capace di infondere il vero eroismo nei suoi compagni grazie ai suoi slanci di coraggio e la sua rara dolcezza. La sua vicinanza si rivelerà fondamentale nel passaggio all’età adulta del giovane Taran, al quale insegnerà a donare se stesso agli altri, ad aiutarli senza aspettarsi ricompense, a rinunciare a ciò che gli è più caro per il bene di tutti.
Si…ma al peso, quanto fa?
Tolte le ambientazioni splendidamente descritte e le peripezie classiche delle avventure per ragazzi, quello di Alexander è a mio parere un romanzo di formazione accessibile a chiunque, dal più navigato dei lettori a chi si vuole avvicinare per la prima volta a questo tipo di letteratura. Il Butcher quindi dice 5!
Anch’io ho parlato di una videocassetta che mi ha cambiato la vita in questo mio post: https://wwayne.wordpress.com/2014/09/04/adoro-questuomo/. Che ne pensi?
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Io ringrazio ogni giorno Schwarzenegger per Terminator e Predator, mentre Stallone mi è sempre stato un po’ sulla mascella (anche se Rocky non si tocca!) 😀
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Parole sante! 🙂 Colgo l’occasione per dirti che mi sono iscritto al tuo blog. Grazie per la risposta! 🙂
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Ricambio volentieri! (e scopro solo ora che ci si può iscrivere ai blog altrui :D)
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Ti consiglio più che altro di commentarli, i blog altrui: è il modo migliore per farsi conoscere in giro, e cominciare a formarsi lentamente un proprio pubblico. In bocca al lupo per la tua avventura di blogger! 🙂
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Ciao e benvenuto da me. Se ti piace il fantasy, andiamo d’accordo ma, ad essere sincera, io amo il genere fantastico che è un po’ ‘meno del grottesco e ha chiaramente anche il fantasy ma non è da confondersi in quanto il fantastico, soprattutto di Spielberg, ha sempre una morale (a volte psicologica) da capire nel finale, se non in tutto il contesto. Ti Reblog e ti ringrazio di essere passato da me. Un cuoricino per Voi tutti 💖💖💖
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Ciao Sabryna e grazie mille del reblog! Davvero lieto di accogliere la prima elfa in questa minuscola cerchia di amici 🙂 Spielberg è uno dei miei registi preferiti in assoluto, poco da aggiungere quindi 🙂 🙂 Un abbraccio enorme!
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❤ grazie mille! Anche a te e Voi tutti con un pezzetto del mio ❤ in mano 😉
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L’ha ribloggato su Sito dell'amorevole Elfa Sabrye ha commentato:
💖 un blog molto interessante che ho scoperto ora. Non mi sfuggirà. Grazie del passaggio 💖
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Complimenti per il post, l’ho trovato bellissimo. 🙂 Penso di non aver mai letto e riletto con viva attenzione un articolo piuttosto lungo come il tuo. Questa sintetica cronistoria sulla Disney e i suoi magici autori, nonché sulla disfida avuta con Spielberg (in assoluto uno dei miei registi preferiti) a opera di un cartone animato tratto dalla sega letteraria di un autore di cui non conoscevo e non conosco tuttora praticamente niente (e vedrò assolutamente di rimediare) mi ha veramente entusiasmato. Del film animato ho un vaghissimo ricordo della sua uscita: mi ricordo il titolo e forse la locandina, ma di sicuro non l’ho mai visto. Quello a cui sono certamente interessato in questo momento è la lettura dei romanzi di Alexander. io aggiungerò alla mia reading list, che a dir la verità si sta allungando a dismisura, ma sono sicuro che la porterò a termine.
Grazie per l’articolo e a presto.
p.s. chiudo il commento e mi iscrivo immediatamente al tuo blog. 🙂
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Grazie di cuore Marco, sono felicissimo che l’articolo ti sia piaciuto ed onorato di darti il benvenuto nel mio piccolissimo spazio scacciapensieri 🙂 Per quanto riguarda Alexander, ti consiglio STRAVIVAMENTE di leggerlo, anche negli spezzoni di tempo libero è una lettura talmente leggera che si porta avanti quasi da sé, mentre il film non penso abbia molto senso guardarlo per la prima volta oggi con gli occhi di un adulto, in giro ci sono classici Disney assolutamente più godibili e attuali! 🙂
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In effetti è da diverso tempo, non ricordo più quando, che non guardo film animati, sia e soprattutto quelli rivolti al pubblico giovanile, sia quelli dedicati a un diverso target. Mi dedico alla lettura e alla visione di film. E seguirò sicuramente il tuo consiglio!!😉 lo potrai vedere quando pubblicherò le mie impressioni sui romanzi di Alexander. A presto 😊
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Ciao! Che articolo (e blog) interessante! In un certo senso mi sono sentita presa in causa leggendo quello che hai scritto, chissà perché… 😂😂
Prima o poi devo recuperare questi titoli! 😁
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Ciao e benvenuta…. non riesco proprio a capire come mai tu possa sentirti chiamata in causa 🙂 eheh
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